Sul Silenzio – riflessioni

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Il silenzio è quella cosa di cui molti parlano e che in pochi fanno. E allora perché parlarne ancora? È un periodo che cerco silenzio. Nel mondo che mi circonda e dentro me stessa.

Tutto è iniziato a causa del lavoro. Quando scrivo, ho bisogno di silenzio per riuscire a concentrarmi su quello che faccio: raccogliere le idee, dare un senso logico alle frasi e scegliere termini appropriati. Per fare tutto questo, ho bisogno di silenzio. Invece, sul lavoro mi risulta difficile trovarlo. Un po’ perché tra colleghi serve comunicare, un po’ per rumori vari, tante volte del tutto involontari, un po’ perché la maggioranza delle persone con cui lavoro e ho lavorato in passato, ascolta musica.

In questo mi sento un pesce fuor d’acqua perché io con la musica non riesco a lavorare e quando me la impongono, perché non lavorando da sola non posso essere sempre io a imporre quello che voglio agli altri, fatico così tanto a trovare la giusta concentrazione che alla fine mi viene pure mal di testa.

È proprio dal luogo di lavoro che è iniziata la mia ricerca personale sul silenzio. Poco alla volta ho capito che non era solo il silenzio sul luogo di lavoro che cercavo, ma anche il silenzio a casa nei momenti di relax. Il silenzio dentro, quando semplicemente resto ferma a fissare un muro in compagnia dei miei pensieri e nient’altro. Questo è il silenzio che cerco.

Che cos’è il silenzio?

Tutti lo sanno che cos’è il silenzio: l’assenza di onde sonore e di suoni. Ma esiste davvero?

Il luogo più silenzioso della Terra è la camera anecoica dei Laboratori Orfield, in Minnesota, è talmente silenzioso che si può resistere al suo interno al massimo 45 minuti. Al suo interno il silenzio è tale che la misura del rumore di sottofondo ha valori negativi: -9,4 dBA. Steven Orfield, il fondatore del laboratorio, ha riferito a Hearing Aid Know: ” Noi sfidiamo le persone a stare sedute al buio all’interno della camera: uno di loro è riuscito a resistere per 45 minuti. Quando è così silenzioso, l’udito si adatta. Più silenziosa è la stanza più cose si possono sentire. Si può sentire il battito del cuore,  a volte perfino i polmoni e lo stomaco che brontola fragorosamente. All’interno della camera anecoica, sei tu a diventare il suono.

Rose Eveleth

Siamo così poco abituati al silenzio che quando lo incontriamo ne siamo sopraffatti e spaventati?

Senza arrivare all’estremo della camera anecoica, penso a tutti gli stratagemmi che mettiamo in atto pur di non stare in silenzio: mettere la musica di sottofondo negli ambienti pubblici e nelle sale d’attesa, accendere la televisione anche se non la stiamo guardando, controllare il cellulare anche se non aspettiamo alcuna chiamata giusto per vedere gli ultimi aggiornamenti di Facebook e Instagram. Sono usanze consolidate e  atteggiamenti automatici a cui non facciamo caso. Ci viene più semplice controllare il cellulare che stare fermi a guardare fuori dalla finestra. Oggi, il rumore non è solo quello dei suoni e delle parole, ma anche quello degli strumenti tecnologici e “smart” che abbiamo introdotto nelle nostre vite e che fanno rumore in quanto ci distolgono dai pensieri.

Già nel Seicento, Pascal aveva detto: “la disgrazia degli uomini proviene dal non saper essi starsene tranquilli in una camera”. La tecnologia non è una causa ma solo una conseguenza dell’incapacità di fare silenzio dentro di noi.

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Il silenzio dentro

Erling Kagge è stato il primo uomo a fare la traversata dell’Antartide in solitaria. Quando gli hanno chiesto qual è stata la maggiore difficoltà nella traversata, dopo cinquanta giorni e cinquanta notti che indossava la stessa biancheria, Kagge ha risposto: “ricominciare a parlare”.

Attraversando quella distesa di ghiaccio che pare non avere fine, Kegge si è trovato immerso nel bianco. Bianco sopra, bianco sotto, bianco ai lati fino all’orizzonte. All’inizio gli sembrava tutto uguale, ma con il passare del tempo ha iniziato a percepire le differenze. La neve, ha scritto, non è tutta dello stesso bianco, perché il bianco ha sfumature diverse. La neve non è tutta liscia perché i ghiacci assumono forme astratte curiose e stravaganti.

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L’Antardtide è uno dei luoghi più silenziosi sulla Terra. Una distesa di silenzio in cui Kegge sentiva il rumore dei suoi passi e null’altro. Quando si fermava era invaso dal silenzio. Dopo cinquanta giorni di solitudine, il silenzio fuori diventa il silenzio dentro e viceversa.

Il silenzio è prezioso perché arricchisce. Permette di concentrarsi, di scoprire cose di noi e del mondo di cui altrimenti non ci accorgeremmo. Il silenzio ci fa prendere coscienza dello spazio e del corpo.

Quando riusciamo a creare silenzio, il tempo sembra fermarsi. Kegge descrive così la sensazione: “il tempo all’improvviso si ferma e io sono presente e insieme del tutto assente. Di colpo, un breve istante può durare un’eternità.” Tratto da Il Silenzio – Erling Kagge.