Siamo un’umanità aumentata
Il mio lavoro è in gran parte svolto utilizzando strumenti messi a disposizione da internet. Solo vent’anni fa, il lavoro che faccio non esisteva e nemmeno qualcuno sentiva l’esistenza di crearlo. Forse perché il World Wilde Web è nato poco meno di trent’anni or sono.
È una riflessione su cui ogni tanto torno. Assieme a qualche altra domanda. Quanto la rete ha cambiato le nostre vite? Quanto l’uso di internet e dei social media distrae l’uomo dalla vita reale?
Domande che non pretendono di trovare una risposta unica, ma sulle quali leggere e riflettere aiuta a capire meglio il mondo in cui viviamo. Leggendo l’ultimo saggio di Alessandro Baricco ho trovato una definizione calzante: umanità aumentata. Sbam!
Umanità Aumentata
Un libro è rilevante quando riesce a esprimere a parole un pensiero che hai dentro e che non riesci a decodificare ed è proprio quello che mi è capitato leggendo The Game. Non voglio dire che questa è la verità. Si tratta solo di un nuovo tassello di questo grande castello che stiamo costruendo assieme senza avere in mano le carte dell’intero progetto.
Prima c’era l’homo erectus, poi l’homo sapiens e adesso l’uomo digitale che vive in due dimensioni, quella reale e quella online.
Siamo un’umanità aumentata perché lo smartphone è il nostro prolungamento naturale e ci mette a disposizione una connessione h24 con una dimensione parallela in cui possiamo entrare e uscire a piacimento.
Basti pensare a quello che possiamo fare grazie a internet:
- avere accesso a una conoscenza illimitata, o quasi;
- connetterci in ogni momento a ogni angolo del mondo;
- creare di una o più identità virtuali;
- rendere pubblica la nostra opinione, esternare i nostri pensieri, fare sapere al mondo chi siamo e quello che sappiamo fare;
- allacciare intenzioni con persone sconosciute, in base ai nostri interessi, trovare luoghi di confronto e di approfondimento;
- acquistare beni e servizi reali e lontani e farli arrivare direttamente a casa nostra senza alzarci dal divano.
Alla luce di queste considerazioni mi chiedo: e se, invece, la vita online non fosse meno reale di quella che viviamo fuori da internet? O se, semplicemente, non fosse un’altra vita, ma solo una dilatazione della stessa?
Baricco scrive così:
Siamo umani aumentati, siamo in grado di fare più cose e spesso la vita stessa è troppo poco, abbiamo bisogno di elaborarla in un’altra realtà, poterci aggiungere qualcosa perché quello che abbiamo non ci basta…
… quando rimbalziamo pezzi di vita nell’oltremondo, stiamo elaborandola quella vita, e se quindi imbracciamo il nostro smartphone, invece di stare lì semplicemente a guardare, ascoltare e toccare, non è solo per l’istinto dello smidollato che non sa vivere, ma anche per la ragione contraria, cioè che la vita non è mai abbastanza, e noi saremmo capaci di più, per cui andiamo a prendercelo quel qualcosa di più, elaborando la vita, e spedendola in un oltremondo in cui, forse, lei sarà finalmente alla nostra altezza.
Noi rielaboriamo la realtà, aggiungiamo qualcosa a quello che viviamo perché non ci sembra abbastanza. Ma noi siamo abbastanza per quello che viviamo?
A volte le domande non sono fatte per avere una risposta ma solo per stimolare una riflessione e così mi chiedo ancora: la situazione ci è sfuggita di mano? Arrivati a questo punto, un’inversione di rotta non è solo improbabile, ma anche controproducente.
Baricco tenta una soluzione e parla di umanesimo-digitale, di aggiungere umanità alla realtà virtuale:
Il Game ha bisogno di umanesimo. Ne ha bisogno la sua gente, e per una ragione elementare: hanno bisogno di continuare a sentirsi umani. Il Game li ha spinti a una quota di vita artificiale che può essere congeniale a uno scienziato o a un ingegnere, ma è sovente innaturale per tutti gli altri. Nei prossimi cento anni, mentre l’intelligenza artificiale ci porterà ancor più lontani da noi, non ci sarà merce più preziosa di tutto ciò che farà sentire umani gli uomini…
Empatia Digitale
Portare il web a una dimensione più umana non è la risposta a tutte le domande, ma un approccio percorribile.
La base delle relazioni umane si può ricercare nell’empatia, quella capacità di comprendere appieno lo stato d’animo altrui. Il significato etimologico del termine è “sentire dentro“, “mettersi nei panni dell’altro“, ed è una capacità che fa parte dell’esperienza umana e animale.
Come si fa a trasportare una capacità prettamente umana in una realtà fatta di bite? Non lo so, ma qualcuno ci sta provando altrimenti non si spiegherebbe l’ampiezza di certi fenomeni che nascono, crescono e si amplificano grazie a internet. Uno tra gli ultimi è quello della giovane attivista Greta Thunberg, il suo messaggio è stato diffuso anche grazie al web.
Forse dovremmo parlare di empatia digitale e provare a metterci nei panni di un’altra persona stando a chilometri di distanza. In fondo un po’ accade già: trasformiamo i bit in parole, e uno schermo in un sorriso e se siamo tutti un po’ più lontani, perché il lavoro ci porta chissà dove, i concetti di lontananza e vicinanza sono diventati più relativi, grazie al web e ai nostri smartphone.
- Questo testo racchiude alcuni pensieri su un argomento vasto e profondo. Si tratta di una visione parziale, che non ha la pretesa di trovare risposte, ma di porre solo alcune domande.