Riflessioni sull’attenzione

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150 è il numero di volte che in media controlliamo il nostro telefono in un giorno. Sembra un’enormità, ma è quanto è emerso da uno studio del centro americano Kleiner Perkins Caufield & Byers’s.

L’essere sempre connessi con il mondo, disponibili e a portata di WhatsApp è una grande comodità, ma nasconde alcune insidie. Da un lato c’è la tentazione di controllare ripetutamente cosa accade nell’etere. Una subdola ansia di fondo che ci fa credere che se non guardiamo il telefono con una certa frequenza rischiamo di perderci qualcosa di molto importante. Dall’altro c’è il fatto di essere sempre raggiungibili. Senza quasi accorgercene, ci mettiamo nella disposizione di animo di essere pronti a connetterci, parlare, scrivere, con chiunque si metta in contatto con noi, in qualunque momento.
Ecco che quando scrivo, leggo, lavoro, mi accorgo di avere sempre un orecchio teso. Posso dire che sto usando l’ottanta per cento della mia attenzione, perché il restante venti è attento a captare stimoli dall’esterno, a pensare a quello che dovrà fare dopo, a calcolare il tempo che occorre per finire un lavoro.

Una buona capacità di attenzione

Sergio ha un’ottima capacità di concentrazione.
Sergio fa un lavoro che è per alcuni versi l’opposto del mio: fa il fabbro. Lui crea con le mani cancelli, ringhiere, porte. Da un materiale grezzo produce un oggetto finito e lo fa usando le mani e gli strumenti del mestiere. Non ha bisogno del computer, nemmeno del cellulare. Sergio a lavoro non usa la mail.
Quando fa una cosa, che sia aggiustare una serratura, leggere un articolo, preparare l’insalata o passare l’aspirapolvere, Sergio è concentrato su quello che sta facendo. Non controlla il cellulare, se gli parli non ti risponde subito, non si ferma per fare altro perché all’improvviso si è ricordato di qualcosa di importantissimo. La sua attenzione è concentrata lì e da nessun’altra parte.
Osservando lui, mi sono accorta di come la mia capacità di attenzione può essere migliorata. Ci sono molti vantaggi nell’essere attenti. Di sicuro vi è capitato di leggere qualcosa e arrivati alla fine, doverlo rileggere perché non eravate concentrati abbastanza per capire. Essere concentrati ha innumerevoli vantaggi: significa sbagliare meno, rendere meglio, eseguire con più precisione un compito in minor tempo.

Abbondanza di informazioni vs. scarsità di attenzione

Il problema dell’attenzione non è circoscritto. Ormai è risaputo che l’iperconnessione è tra le principali cause della mancanza di concentrazione nei ragazzi e il multitasking tra le principali fonti di stress negli adulti.
Ma anche sul lavoro mi trovo ad affrontare sempre più spesso il dilemma dell’attenzione. Questa volta da una prospettiva opposta.
Quando un’azienda comunica, progetta attività di marketing, crea uno storytelling è davvero efficace? Al di là delle questioni relative al target, e alla bellezza e alla rilevanza dei contenuti, oggi siamo letteralmente bombardati dalla comunicazione, dal marketing e dalla pubblicità.  Siamo immersi in una sovrabbondanza di informazioni. Per riuscire a non affogare in questo mare, l’unico modo è selezionare con cura doviziosa le fonti a cui prestare attenzione.
Così il premio Nobel per l’Economia, Herbert Simon ha scritto:
“Ciò che l’informazione consuma è abbastanza ovvio: consuma l’attenzione dei suoi destinatari. Quindi una ricchezza di informazioni crea una povertà di attenzione e un bisogno di distribuire quell’attenzione in modo efficiente tra la sovrabbondanza di fonti di informazioni che potrebbero consumarla”.
L’attenzione è diventata il bene scarso e di grande valore per le aziende. Tanto che Google ha inserito nel proprio organico delle figure professionali esperte di trigger psicologici per trattenere il più possibile le persone attaccate alle piattaforme. A rivelarlo è stato un ex-dipendente Google, Tristan Harris. In una sua intervista ha messo in luce alcuni trucchi per tenere desta l’attenzione dell’utente copiati dal gioco di azzardo. L’obiettivo è fornire piccole ricompense per convincere un utente a continuare il suo percorso sulla piattaforma. Più una piattaforma riesce a intrattenere le persone e maggiore efficacia avrà la pubblicità pubblicata sopra, quindi maggiore valore acquisteranno gli spazi pubblicitari.

Fare attenzione

Dopo l’esperienza da Google, Tristan Harris ha fondato il centro Human Tech  il cui obiettivo è quello di rendere la tecnologia utile, non al business, ma al benessere degli esseri umani. Per farlo ha iniziato a sensibilizzare le persone sulle strategie impiegate dalle multinazionali per catturare l’attenzione.
Per concludere, condivido questo articolo di Nuovo e Utile che ci esorta a restare focalizzati su quello che è davvero importante, eliminando tutto il rumore di fondo.

La nostra attenzione ha un grande valore, vale la pena spenderla per le cose che ci interessano davvero.