1 assaggio di buona scrittura
Buona scrittura è quando leggi un testo sostanzioso, leggero e gustoso. Lo leggi tutto d’un fiato e non ti rimane sullo stomaco. Questo vale per un articolo di blog o di giornale, per l’about di un sito internet, per un racconto o un libro.
Condivido con te, caro lettore, questo brano tratto da “Una vita come tante” di Hanya Yanagihara. Per me è un esempio toccante di bella e buona scrittura. Tu cosa ne pensi?
“Non sono mai stato una di quelle persone – so che neanche tu lo sei – convinte che l’amore per un figlio sia una forma d’amore superiore, più importante, più nobile di tutte le altre. Non la vedevo così prima di Jacob, ed è stato lo stesso anche dopo. Ma riconosco che è un amore singolare, un amore che non si fonda sull’attrazione fisica, sul piacere, sull’intelletto, ma sulla paura. Non conosci la paura finché non hai un figlio, e forse è questo che ce lo fa sembrare un amore così straordinario: perché la paura è straordinaria. Ogni giorno, il tuo primo pensiero non è «gli voglio bene», ma «come sta?». Durante la notte, il mondo si trasforma in uno spaventoso percorso a ostacoli. Lo tenevo stretto tra le braccia, aspettando di attraversare la strada, e pensavo a quanto fosse assurdo che mio figlio, qualunque figlio, potesse aspettarsi di sopravvivere in questa vita. Le sue probabilità di sopravvivenza non mi sembravano più alte di quelle delle farfalle che volano in tarda primavera – quelle piccole e bianche – e che mi capitava di veder vacillare nell’aria, sempre a un passo dallo schiantarsi contro un parabrezza.
“E lascia che ti faccia parte di altre due lezioni che ho imparato. La prima è che non conta quanti anni imparato. La prima è che non conta quanti anni abbia tuo figlio, o quando e come lo sia diventato. Una volta che hai deciso di considerarlo tuo figlio qualcosa cambia, e da quel momento tutto ciò che prima vivevi con leggerezza, tutto ciò che sentivi per lui è costantemente preceduto dalla paura. Non è un fenomeno biologico, ma qualcosa che va ben oltre la biologia: non è tanto la volontà di garantire la sopravvivenza del proprio codice genetico, quanto il desiderio di dimostrarsi invulnerabile agli attacchi e alle sfide dell’universo, di trionfare su qualunque cosa minacci di distruggere ciò che è tuo.
Ed ecco la seconda lezione che ho imparato: quando tuo figlio muore, provi tutte le emozioni che ti aspettavi di provare, emozioni documentate da così tante persone che non vale la pena elencarle ora. Mi limiterò a dire che tutto quello che hanno scritto sui lutti si ripete sempre uguale, e per un motivo preciso: perché non c’è una reale possibilità di allontanarsi dal testo. A volte un’emozione è più forte di un’altra, a volte ti sembrano disposte in un ordine diverso, e a volte alcune durano più a lungo di altre. Ma le emozioni sono sempre[…]”
