Intervista a Simone Tornabene, esperto di comunicazione online e docente della Ninja Academy

simone tornabene

Da poco ho concluso un corso di Content Marketing organizzato dalla Ninja Academy, davvero interessante per chi vuole approfondire le dinamiche e le possibilità dei contenuti online. Ho pensato di portare un po’ del corso anche qui su questo blog, così ho intervistato uno dei docenti Simone Tornabene esperto di comunicazione online, insegnante alla IULM di Milano e Head of Strategy presso il collettivo WHY.

Ecco l’intervista, buona lettura.

Ciao Simone, grazie per esserti reso disponibile a questa intervista.

  • Per rompere il ghiaccio, ti pongo subito una domanda a bruciapelo. Qual è l’animale che, per il suo modo di comunicare ti incuriosisce di più e perché?

Il lupo. Perché pare essere l’unico animale pienamente sociale (può vivere in branco) ma può vivere anche in solitudine. Mi affascina pensare che possa fare a meno della comunicazione, non perché non sia in grado di comunicare con i suoi simili, ma perché in un certo senso scelga di non farlo.

  • Tu lavori con e su internet, ti occupi di digital marketing e content strategy. Oggi, si parla di comunicazione online come del nuovo passe-partout per raggiungere qualsiasi persona, in qualunque luogo. Proviamo ad essere un po’ critici: qual è il più grande limite della comunicazione online secondo te e come si potrebbe superare?

La comunicazione online è prima di tutto comunicazione. Questo significa che ha pregi e difetti della comunicazione in generale. Il più grande di questi difetti, secondo me, è che per la prima volta nella storia dell’umanità la lingua scritta ha tradito se stessa. Ecco cosa intendo: prima di internet vivevamo in una marcata differenza fra lingua parlata (che si evolve velocemente e fa poco uso delle regole grammaticali e sintattiche) e lingua scritta. Con internet viene meno questa differenza millenaria: la lingua scritta su Facebook è la lingua parlata. Questo tende ad abbrutire in modo irrimediabile la comunicazione, molto più di quello a cui ci avevano abituato i mass-media. Come si risolverà? Credo che si risolverà quando la mia generazione sarà morta. Si perderà con noi l’idea di qualcosa di diverso e semplicemente si stabilirà una nuova normalità. Come abbiamo fatto quando abbiamo perso l’uso delle carrozze. Certi cambiamenti sono irreversibili.

  • Lavori presso il Collettivo WHY e hai modo di confrontarti con realtà molto diverse tra i tuoi clienti. Condivideresti con noi un’esperienza presso il Collettivo particolarmente interessante?

Sicuramente la cosa particolarmente interessante è proprio confrontarsi con clienti molto diversi fra loro: dal ristorante a Isola alla multinazionale presente in 30 paesi. Però la mia particolarità preferita è che lavoriamo senza un ufficio. Siamo un piccolo gruppo che lavora completamente in remote working. Non siamo neppure tutti nella stessa città. Usiamo Slack, Trello, Google Drive e Skype e ci vediamo solo per bere o mangiare insieme. E passare una settimana di vacanza all’anno come raduno di gruppo. Credo che questa forma organizzativa sia molto adatta al nostro settore (digital/comunicazione), me ne sono convinto sempre di più chiacchierando con i miei amici che lavorano da Google in UK e leggendo A Year Without Pants, che descrive l’esperienza di lavoro da Automattic (WordPress) una multinazionale gigante organizzata in remote working.

  • In passato hai fondato quattro piccole aziende : Viralbeat, Endivia, Yoc.to e Digital Dictionary, puoi dare un consiglio a chi si approccia a questo mondo e sta mettendo su il proprio business?

Ho avuto diverse esperienze di business, non tutte andate bene. Ci sarebbero tanti consigli da condividere e conclusioni da analizzare. Direi che il più importante sia quello legato al Blitzscaling di Hoffman o al Lean Start-Up di Ries, è cioè fallisci in fretta e non avere paura dei problemi: se non stai affrontando gravi problemi vuol dire che non stai crescendo velocemente. Il lavoro di chi fonda un’azienda non riguarda eliminare i problemi ma metterli in priorità, dando per scontato che non ci sarà mai un momento in cui i problemi sono zero. Se non quando la start-up è fallita.

  • Parliamo di identificare il proprio target, un punto critico per molti, quali errori fanno i piccoli imprenditori di solito?

Il mio errore preferito è pensare di conoscere il target. L’imprenditore spesso si sente il target. E sbaglia. Perché come scriveva Marx “un modo di vedere è anche un modo di non vedere” e spesso quindi l’idea di sapere tutto del proprio target è la madre degli errori più grandi sul target stesso.

  • 2016, qual è il canale/lo strumento interessante da tenere a presente?

Instagram! Decisamente. So che tutti parlano di Snapchat perché cresce a livelli impresisonanti, ma ritengo che il 2016 sia l’anno di Instagram. Non soltanto perché è cresciuto parecchio ma perché inizia a contribuire al valore di Facebook con entrate dall’advertising e perché continua a essere uno strumento di branding dirompente per le piccole organizzazioni. Basti pensare a I Am Bikini o a Black Jaguar White Tiger Foundation.

  • Insegni e lavori nel mondo della comunicazione online ormai da un po’, ti alzi e sei già connesso al cellulare per controllare gli avvenimenti notturni?

Direi che è più corretto dire che mi alzo e sono già connesso al cellulare per controllare le rogne del giorno, perché di solito mi sveglio alle 9 e il (mio) mondo ha già cominciato a produrre grattacapi da qualche ora. Scherzi a parte dall’anno scorso ho limitato il mio utilizzo della connessione. Ovviamente il mio lavoro mi impone di essere connesso fra le 6 e le 11 ore al giorno, ma cerco di limitarmi allo stretto indispensabile. Non ritengo sia più un’abitudine salutare e sono certo che in futuro la nostra generazione sarà ricordata alla stregua di bambini che lavoravano in fabbrica: una cosa normalissima che diventerà inaccettabile. Non è una critica alla tecnologia, che ha migliorato le nostre vite in molti modi, ma all’assenza di educazione verso le conseguenze a lungo termine di un fenomeno che ci sta trasformando, come individui e come società. E di cui sappiamo ancora troppo poco.

  • Mai pensato di spedire una lettera?

No. Ma solo perché non mi piace fare la fila alla Posta!