Facebook censura l’Espresso
Che Facebook utilizzasse la forbice per tagliare qua e là contenuti poco idonei alla sua politica già si sapeva, ma quando nel mirino della censura del più famoso social network ci casca un periodico a tiratura nazionale come l’Espresso, la questione cambia.
Cambia perché quella che è sempre stata considerata un’attività di controllo dei contenuti che Facebook applica per tutelare i suoi utenti, si trasforma subito in un caso. Così sorgono spontanee domande come: era davvero necessario? Bisognava proprio censurare lo scabroso capezzolo? È giusto limitare la visibilità di una rivista come l’Espresso?
Il caso
La copertina al centro della polemica è quella apparsa sul primo numero del 2016, scattata da Maki Galimberti, che ritrae due donne: una che indossa il burka in versione integrale e, a fianco, l’altra completamente nuda. Il settimanale ha deciso di iniziare così l’anno nuovo, con un servizio dal titolo “Sul corpo delle donne” incentrato sulle guerre che si combattono proprio sull’immagine femminile, dal fanatismo alla mercificazione. Il periodico pubblica l’immagine su Facebook, in poche ore raggiunge 389 commenti, ma poi il post viene bannato all’improvviso e senza nessuna spiegazione.
Cosa è successo?
Il capezzolo al vento è il motivo scatenate per cui lo scatto non doveva comparire sul social di Mark Zuckerberg. Considerato un vero tabù dall’algoritmo di Facebook, appena è stato individuato, è stato prontamente fatto sparire dalla circolazione, senza possibilità di chiarimenti.
Il contesto di un’immagine: c’è nudo e nudo
Facebook non guarda il contesto in cui lo scatto viene collocato. Per forza, si tratta di un software e i software non hanno ancora imparato a ragionare e distinguere tra capezzolo e capezzolo. Eppure non tutte le tette sono uguali, come non tutti i nudi sono uguali, sebbene siano sempre nudi. Quello che fa la differenza per la nostra società è proprio il contesto in cui è inserita l’immagine. Metti un nudo in una galleria ed è arte, mettilo su una copertina di un giornale per uomini e il suo significato si stravolge totalmente.
Peccato che tutto questo ad un software non interessi. Per lui un capezzolo resterà sempre e soltanto un capezzolo. Perché il contesto, che decreta il significato di un’immagine, di un testo o anche di un discorso, è un fattore culturale e umano che la tecnologia, per quanto sofisticata, non riesce ancora ad apprezzare.
Fin dove arriva la censura
È qui arriviamo all’ultimo punto: un social network così grande, che conta ben 1,59 miliardi di iscritti, è giusto che censuri un periodico a tiratura nazionale? È giusto che non lasci spazio all’informazione e che possa scegliere a quale tipo di notizia dare spazio e quale, invece, non è degna di comparire tra le sue pagine? Questo porta anche a chiedersi, quanto sia davvero libera la libertà di comunicazione su internet e quanto, invece, sia guidata dalle ingombranti presenze della rete come Google, Facebook e compagnia.